Di fronte al materializzarsi dei miei timori più profondi, prima sono rimasta apparentemente insensibile, paralizzata da quelle parole che mi arrivavano veloci in faccia come una folata di vento gelido. Sono riuscita incredibilmente a rimanere sul piano razionale, apparentemente insensibile, incredula di fronte a quel susseguirsi di termini incomprensibili e allo stesso tempo dal suono spaventoso.
Poi ho improvvisamente cominciato a realizzare, a comprendere il reale significato che può celarsi dietro a quei paroloni difficili e in pochi secondi ho sentito un nodo allo stomaco, ho avuto un’improvvisa voglia di piangere e ho faticato a respirare.
Ho provato l’irrefrenabile desiderio di lasciarmi andare, di abbandonarmi fino in fondo alle paure e alle ansie ma… ma tu distesa nella tua carrozzina, mi hai guardata con un’espressione ingenua e innocente, hai accennato un timido sorriso e poi con i tuoi languidi occhioni blu mi hai fatto capire che avevi bisogno di me.
È stato subito chiaro che questa volta non potevo farlo.
Non potevo fasciarmi la testa prima del tempo come sono sempre stata abituata a fare, perché così mi hanno insegnato, non potevo tuffarmi nella mia angoscia e continuare a vedere sempre e solo il bicchiere mezzo vuoto.
È vero, mia madre, tua nonna, deve fare degli accertamenti, accertamenti che fanno paura e che potrebbero anche essere il presagio di qualcosa di brutto.
Ma è il condizionale che fa la differenza.
E poi io ora non sono più solo figlia, ora sono anche madre e ho dei doveri nei tuoi confronti prima che con ogni altra persona.
Tu hai bisogno e diritto di avere una mamma e una vita tranquilla e serena.
Te lo devo e per questo devo essere forte e devo credere che potrebbe anche essere un falso allarme.
Speriamo.
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