lunedì 29 dicembre 2014

IEO

Stesso posto un anno dopo. 
Tu sei più grande e almeno per ora più gestibile.
Io sono silenziosa ma almeno per ora più tranquilla, anche se questo posto e l'idea stessa di venire allo IEO non mi piace e mi ricorda la malattia.
Una sola parola è sufficiente per descrivere l'immensità di questo posto che dà l'idea di quanti siano in giro i malati di cancro: agghiacciante!
L'attesa sarà lunga, lo so già, così come sapevo già che qui dentro non ci sarebbe stata connessione.
Anche tu entrando hai riconosciuto il posto: hai guardato l'enorme foto di Veronesi appesa all'ingresso e subito hai detto: qui ci siamo già stati, mi ricordo di quella faccia, il resto non me lo ricordo.
Ti abbiamo detto che andiamo dal dottore della mamma che deve guardare dei fogli e dirle se sta bene. In effetti è la verità. Del resto tu stai crescendo e mentirti non avrebbe senso visto che con i miei controlli dovrai convivere.
Quest'anno forse perché siamo venuto nel bel mezzo di un periodo festivo, mi sembra che ci sia meno gente del solito ma forse è solo una mia impressione.
Mi guardo attorno e penso: è comunque tanta, troppa.
Come ogni volta scruto le persone sedute in questa sala d'attesa e mi chiedo chi è l'ammalato e chi l'accompagnatore.
C'è silenzio e quasi non sembra di essere in attesa di entrare in un ambulatorio. In effetti si potrebbe benissimo essere in un qualsiasi ufficio.
Il tempo non passa mai, qui dentro sembra improvvisamente rallentare fin quasi a fermarsi.
Tu giochi col mio IPad, papà passeggia, io scrivo. Poi io comincio a passeggiate e papà ti aiuta a giocare.
Intorno a noi solo volti seri, nessun sorriso.
Accanto a te un ragazzino ascolta la musica in cuffia, e a tratti sorride, negli altri posti quasi tutti guardano annoiati e assenti il telefonino che hanno fra le mani.
Spero solo che il medico sia puntuale.
Non vedo l'ora di essere fuori di qui magari anche già arrivati a casa nostra.

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