Un
anno fa, proprio oggi, cominciavamo ad avere il sospetto della tua presenza.
Lo
ricordo come se fosse ore, quel momento è scolpito nella mia mente: ero andata
ad una normale visita di controllo e l’espressione dubbiosa della dottoressa “de
terror” (non
certo perché faccia paura, ma questa è una storia troppo lunga…) insieme ad alcune sue domande, avevano fatto nascere in me e in tuo
padre l’illusione che forse lei avesse visto qualcosa che potesse far ben
sperare.
Poche
parole, incerte, spezzettate qua e là erano bastate a far scattare anche in noi
il sospetto che un figlio, il nostro bambino tanto desiderato, fosse già in
viaggio.
A
me non sembrava possibile, per questo tornando a casa quella sera, ricordo molto
bene di essermi sfogata con tuo padre: “non si fa così”, ripetevo, “non ci si
lascia andare a dei commenti quando non si hanno certezze… Non è serio, non è
professionale, e se poi non fosse vero, sai che male fa smettere di sognare?”.
Ero
arrabbiata con la dottoressa ma soprattutto con me stessa, perché mi rendevo
conto che pur non volendo, anche io mi stavo attaccando a quella quasi
impercettibile traccia di te e ci stavo già credendo.
E
tuo padre ti starai chiedendo forse tu? Tuo padre era apparentemente più
tranquillo di me, ma sono certa che anche lui avesse i miei stessi timori, per
questo senza dirmi nulla, quella stessa sera aveva inviato un messaggio alla
dottoressa “de terror” per sapere se aveva capito bene e se davvero lei stava sospettando
una mia gravidanza.
Il
dubbio, la paura e la speranza si erano insinuati pericolosamente nelle nostre
menti.
Per
la certezza abbiamo dovuto aspettare ancora qualche giorno: in quel momento le
nostre fragili speranze erano legato solo ad un piccolissimo sospetto.
Quel
banale “sospetto” oggi pesa oltre sei chili, si chiama Alice, ha gli occhi blu
e fa le facce buffe ed è, senza dubbio alcuno, la cosa migliore che io sia
riuscita a fare nei miei primi 40 anni!
Grazie dottoressa “de
terror” per non aver lasciato che smettessi di desiderarti e per aver insistito
affinché non ci arrendessimo, ripetendomi fino allo sfinimento che “un tropezón,
no es una caída”, grazie papà per essermi sempre rimasto accanto e per non aver
permesso che il dolore e la paura prendessero il sopravvento su di noi e grazie
a te Alice, che da subito ci hai dimostrato un attaccamento alla vita, una
forza e una caparbietà che spero continuerai sempre ad avere!
Nessun commento:
Posta un commento