giovedì 3 febbraio 2011

Il sospetto si chiama Alice


Un anno fa, proprio oggi, cominciavamo ad avere il sospetto della tua presenza.
Lo ricordo come se fosse ore, quel momento è scolpito nella mia mente: ero andata ad una normale visita di controllo e l’espressione dubbiosa della dottoressa “de terror” (non certo perché faccia paura, ma questa è una storia troppo lunga…) insieme ad alcune sue domande, avevano fatto nascere in me e in tuo padre l’illusione che forse lei avesse visto qualcosa che potesse far ben sperare.
Poche parole, incerte, spezzettate qua e là erano bastate a far scattare anche in noi il sospetto che un figlio, il nostro bambino tanto desiderato, fosse già in viaggio.
A me non sembrava possibile, per questo tornando a casa quella sera, ricordo molto bene di essermi sfogata con tuo padre: “non si fa così”, ripetevo, “non ci si lascia andare a dei commenti quando non si hanno certezze… Non è serio, non è professionale, e se poi non fosse vero, sai che male fa smettere di sognare?”.
Ero arrabbiata con la dottoressa ma soprattutto con me stessa, perché mi rendevo conto che pur non volendo, anche io mi stavo attaccando a quella quasi impercettibile traccia di te e ci stavo già credendo.
E tuo padre ti starai chiedendo forse tu? Tuo padre era apparentemente più tranquillo di me, ma sono certa che anche lui avesse i miei stessi timori, per questo senza dirmi nulla, quella stessa sera aveva inviato un messaggio alla dottoressa “de terror” per sapere se aveva capito bene e se davvero lei stava sospettando una mia gravidanza.
Il dubbio, la paura e la speranza si erano insinuati pericolosamente nelle nostre menti.
Per la certezza abbiamo dovuto aspettare ancora qualche giorno: in quel momento le nostre fragili speranze erano legato solo ad un piccolissimo sospetto.
Quel banale “sospetto” oggi pesa oltre sei chili, si chiama Alice, ha gli occhi blu e fa le facce buffe ed è, senza dubbio alcuno, la cosa migliore che io sia riuscita a fare nei miei primi 40 anni!
Grazie dottoressa “de terror” per non aver lasciato che smettessi di desiderarti e per aver insistito affinché non ci arrendessimo, ripetendomi fino allo sfinimento che “un tropezón, no es una caída”, grazie papà per essermi sempre rimasto accanto e per non aver permesso che il dolore e la paura prendessero il sopravvento su di noi e grazie a te Alice, che da subito ci hai dimostrato un attaccamento alla vita, una forza e una caparbietà che spero continuerai sempre ad avere!

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