giovedì 10 settembre 2015

Un quarto d'ora difficile

Prima di arrivare in ospedale a trovare mia madre ho inventato mille pretesti per ritardare quel momento. Un'improvvisa voglia di caffè, un impellente bisogno del bagno, la ricerca di un parcheggio...
Ho lasciato la macchina ben lontana dal grande parcheggio pieno di posti vuoti dietro all'ospedale: un ultima necessità di fare due passi prima di entrare.
Poi sono arrivata e sono entrata, sicuramente dalla parte sbagliata e mi sono ritrovata a girovagare in mezzo a quello che credo fosse un affollato pronto soccorso.
Ho girato cercando di non guardare chi steso sulle barelle soffriva e chi preoccupato su una sedia aspettava.
Ho attraversato il pronto soccorso e mi sono persa in un labirinto di scale antiche e belle che quasi mi facevano dimenticare dove realmente fossi e ho camminato in angusti corridoi sentendo sempre più forte la fatica di respirare e la voglia di scappare.
Andavo avanti leggendo i nomi dei reparti sulle porte, le indicazioni sugli ascensori... Chiedevo indicazioni a medici, infermieri, barrellieri, inservienti, visitatori e poi le seguivo per ritrovarmi sempre nel posto sbagliato.
Ostetricia, pronto soccorso, sala raggi, ginecologia, sala visite... Otorino...
Ora si che mi manca l'aria!
Quando ho incontrato quel signore che ha visto il mio sconforto e mi ha finalmente indicato la strada giusta ero prigioniera da almeno un quarto d'ora di qull'odore drammaticamente familiare, di quelle voci che mi rievocano brutti ricordi e di quei suoni sinistri che mi provocano ogni volta un immediato mal di testa...
Ora forse riuscirò finalmente a vedere mia madre...

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