mercoledì 15 giugno 2011

Le tue radici coreane...


Ieri per caso mi è venuto in mente quando io, prima di conoscere papà, volevo espatriare, scappare, andare a vivere all’estero.
Il mio sogno era quello di trasferirmi un giorno a Madrid.
Ci ho anche provato e per alcuni periodi ho “giocato” a fare l’emigrante.
Vivere all’estero non è dura, è durissima, l’ho sperimentato sulla mia pelle.
Certo, molto dipende dal carattere, ma per una come me che ha bisogno di sentirsi a casa, di mettere radici e di ritrovarsi anche nei piccoli oggetti di uso comune quotidiani, è un’impresa con un carico emotivo molto pesante.
Ti manca tutto, anche la solita marca di dentifricio che naturalmente, non riesci a trovare. Ti senti spaesato e non è un problema di lingua, perché quello era l’unico ostacolo che a Madrid non dovevo affrontare, è un problema di abitudini, di usi e costumi, di cultura, di clima, di orari. Ecco, per esempio gli orari a Madrid sono assurdi: si pranza alle tre di pomeriggio e si cena alle dieci di sera… mi ci ero abituata ma non mi sarei mai rassegnata…
Perché allora una persona “normale” ad un certe punto della sua vita sente il bisogno, la voglia, il desiderio o la necessità di trasferirsi in un altro stato? Che cosa lo spinge ad affrontare tanti sacrifici e tante difficoltà? Non so gli altri, ma per me in quel momento è stata una necessità: detestavo la vita insulsa che conducevo in Italia, ero assolutamente insoddisfatta di quello che facevo e volevo dare una svolta radicale, a qualsiasi costo. La vedevo come l’unica soluzione possibile per “salvarmi”, l’unica possibilità di realizzarmi in qualche modo.
Ma poi la vita mi ha stupita, regalandomi un sogno molto più grande, mi ha dato tutto ciò che ho ora e mi ha resa immensamente felice, come non pensavo di poter essere.
Non c’è stato bisogno di andare così lontano: è stato sufficiente incontrare la persona giusta al momento giusto e spostarsi di appena 60 kilometri.
Certo, all’inizio anche qui non è stato facile.
Papà sta via dodici ore ogni giorno ed io ho dovuto abituarmi prima a stare da sola in un posto a me sconosciuto e poi costruire una rete di affetti, trasformare banali conoscenze in reali amicizie, cominciare a sentire familiari luoghi a me assolutamente estranei: tutte cose che hanno richiesto tempo ed energie.
Nessuno mi ha regalato niente. Tutto è stato ottenuto faticosamente, giorno dopo giorno, passo dopo passo, con grandi sforzi e immensi sacrifici.
Oggi però, dopo quattro anni, posso dire che qui è casa, mi sento e sono completamente a mio agio, questo è il posto dove ho imparato che si può anche essere felici e che la vita è bella, qui è dove ho finalmente messo radici e dove vorrei vedere crescere mia figlia e vivere i miei prossimi anni.
Oggi quando papà va via ogni mattina, non mi sento improvvisamente persa, non mi vedo come un granello di sabbia in mezzo al vento, non ho più paura, perché tutto è familiare, perché so come muovermi e dove andare, qualsiasi cosa succeda o di qualsiasi cosa io abbia bisogno so a chi rivolgermi.
Oggi, posso dire serenamente che non ho più bisogno di scappare, non sento l’esigenza di andare lontana, forse perché non sto cercando nulla, non mi manca niente, tutto ciò di cui ho bisogno è qui, tutto ciò che voglio ce l’ho a portata di mano.
Sono realizzata, appagata, in una parola: felice.
Ho solo paura un giorno di dover abbandonare tutto questo e di dover ricominciare da zero in un altro posto…
Non so se ce la potrei fare, ci ho pensato a volte e sono sincera nel dire che credo di no, perché ora sono consapevole di quanto sia difficile e di quanto per me sia necessario, al contrario di quello che pensavo, mettere radici stabili e durature.
Forse potrei vivere un periodo di alcuni mesi lontana da qui, una parentesi che potrebbe anche essere piacevole, ma solo con la certezza di tornare a casa, senza perdere i privilegi che in questi anni ho acquisito, senza dover dire addio a questi posti, senza dover abbandonare le mie consuetudini quotidiane, e senza dover perdere le poche persone che in questi anni sono diventate importanti.
Sbagliavo quando pensavo di essere un animale migratore, io sono una pianta, per l’esattezza un “Abete Coreano”, un albero che sviluppa radici grandi e profonde.
Forse ora che ci penso, alla luce di questa consapevolezza, invece della Spagna avrei dovuto provare a trasferirmi in Corea…

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