lunedì 20 gennaio 2014

Con me allo IEO

Seduta fuori dalla porta di quell'ambulatorio tristemente familiare aspetto.
Intorno a me tanta gente.
E comincio a pensare: 
Un intero ospedale per una sola malattia... questo è solo un grande reparto, uno di tanti...
In ogni nucleo familiare di quelli che sono qui in sala d'attesa con me, c'è di sicuro qualcuno che combatte o ha combattuto il cancro...
Guardo le facce, immagino le loro storie, studio le loro espressioni e spero che tutti siano in via di guarigione. 
Intorno a me padri che accompagnano figli, figli che accompagnano genitori: nessuno è da solo oggi.
Già penso, il cancro si affronta meglio con qualcuno accanto...
La porta di qualche ambulatorio si apre, qualcuno entra con in mano più o meno grosse cartelline e qualcun altro esce, a volte con un timido sorriso, altre con la faccia seria, spesso in silenzio.
Fuori qui seduti senti frammenti di discorsi: "vogliono vedere i vetrini...", "siamo fortunati rientra in quel 30%..."
Già, anche fra chi è qui seduto in sala d'attesa c'è chi è più fortunato di altri, o forse sarebbe più giusto dire meno sfigato, perché chi è qui comunque la sua buona dose di sfiga ce l'ha...
Il tempo passa eppure sembra non passare mai...
La porta dell'ambulatorio numero 7 si è aperta solo due volte da quando siamo qui...
Tu non smetti mai di parlare mentre disegni sul "tuttuter" (computer) con papà. 
Io sono seduta davanti a voi e cerco di mantenere la calma...
Ecco la porta si apre! 
Non è per me... 
Anche papà comincia a sbuffare...
L'attesa è estenuante per tutti!
Cominciamo ad essere tutti stanchi e nervosi.
Non sai più come distrarti.
Guardi i medici che lavorano qui, che sono davvero tanti e ti chiedi come possono condurre una vita normale stando tutti i giorni a contatto con i malati di cancro, schivando ogni giorno la morte. Difficile immaginare come ci riescano, eppure per loro questo è lavoro, è la loro routine, la loro normalità.
Io mi sentirei malata ogni giorno, mi chiederei quando tocca a me.
Già un'ora di attesa da quando siamo seduti qui fuori.
Dovrebbe essere vietato aspettare in questi posto, serve solo a far crescere l'ansia.
Tanta gente se n'è andata ma tanta ancora continua ad arrivare, alcuni addirittura con la valigia.
Altri visi, altre cartelline, altri nuclei familiari, ma stessi sguardi preoccupati e stessi pezzi di discorsi.
Chi resta fuori in sala d'attesa mentre il suo parente è in visita, sta ancora peggio di chi è dentro, perché non sa e continua ad aspettare e sperare.
Qualcuno riceve telefonate e parla a voce bassa.
Solo tu non riesci a parlare sottovoce.
Io entrerò con voi.
Spero che tu riesca a stare buona e zitta.
Ecco che la porta si apre e tocca a noi... In bocca al lupo famiglia!

Nessun commento:

Posta un commento