lunedì 30 marzo 2015

Una buona serata per tutti

E poi alle sette e mezza di sera dopo una giornata intensa ma piacevole e un bel pomeriggio trascorso a casa di un'amica a chiacchierare mentre le nostre belle bimbe giocavano tranquillamente insieme, ecco che arriva una telefonata a spezzare un incantesimo e a interrompere una serenità e un equilibrio duramente conquistati.
Il "numero sconosciuto" che lampeggiava sul display del mio cellulare mi aveva fatto subito pensare al solito call center molesto, ma la voce fredda dall'altra parte mi ha immediatamente informata che la chiamata proveniva dall'ospedale dove sono stata operata oltre due anni fa per rimuovere ciò che restava di un cancro maldestramente operato poche settimane prima. (...).
Già questa notizia era bastata a raggelare la tiepida temperatura primaverile che finalmente si percepiva nell'aria e sulla pelle...
Poi la dottoressa senza presentarsi, mi ha chiesto se poteva farmi alcune domande per ragioni statistiche e io ingenuamente ho accettato, felice di poter collaborare e forse di poter essere di aiuto a qualche altro malcapitato.
Solo poco più tardi ho capito che avrei fatto meglio a dire di no.
Prima di iniziare la dottoressa senza nome mi ha informata che stavano facendo una statistica sui "sopravvissuti" e io immediatamente colpita da questa parola le ho subito fatto notare che l'uso del termine "sopravvissuti" non era molto piacevole da sentire, ma la fredda dottoressa dopo un brevissimo istante di esitazione mi ha semplicemente risposto che la statistica si chiamava così (...) ed è partita con il suo questionario.
Domanda numero uno
"Volevo sapere se dopo il cancro sta facendo dei controlli periodici?" 
Beh, sì cara dottoressa perché qualsiasi medico non fa altro che ripetere che "prevenire è meglio che curare" e nonostante voi dopo l'intervento mi abbiate dimessa dicendo che nel mio caso non era necessario nessun Follow Up, io ho preferito farlo e devo dire che mi sento decisamente molto più tranquilla sapendo che mi sottopongo a dei controlli periodici che in un secondo momento sono valutati dal centro più importante in Italia per la cura e la prevenzioni dei tumori...
Domanda numero due
"Volevo sapere se i controlli fatti sono sempre risultati negativi o se hanno GIÀ evidenziato una recidiva o delle metastasi?"
Ecco diciamo che quel "GIÀ" pronunciato con una naturalezza assolutamente devastante per chi ascolta, stona e arriva dritto e pungente come una pugnalata allo stomaco... Comunque la mia risposta è no, e ho volutamente risposto semplicemente "no" e non "non ancora", gli esami non hanno evidenziato fortunatamente nessuna recidiva né tantomeno metastasi ma se le interessa volendo essere precisi sono ancora a rischio...
Domanda numero tre
"Volevo sapere se dopo essere stata dimessa si è sottoposta a cicli di chemio e radio presso altre strutture?" 
"No dottoressa, non l'ho fatto e la sua domanda ammetto che mi stupisce e mi lascia piuttosto perplessa e soprattutto non vorrei scoprire ora da lei a distanza di tre due anni che avrei dovuto farli, visto che proprio voi mi avete faticosamente convinta che il mio tipo di cancro non lo richiedeva...
Domanda numero quattro
"Volevo sapere se successivamente alla prima neoplasia ne ha scoperte altre in altre parti del corpo o in altri organi?"
No, non ne ho scoperte altre... Ma grazie per non aver detto "già scoperto"...
E alla fine di queste domande rivolte a me quasi come se io fossi un essere inanimato e pronunciate dalla dottoressa con un tono freddo e asettico quasi come se lei fosse un robot, ha concluso la sua breve ma intensa, fredda e fastidiosa telefonata con un rapido e indolore (l'unica cosa indolore nelle sue parole...) "la ringrazio per la collaborazione e le auguro una buona serata...". 
Sorrido per l'ironia del suo augurio che a questo punto mi sembra quantomeno fuori luogo e con una sensazione di vuoto che mi pervade il corpo e soprattutto la mente resto immobile per qualche istante a fissare il telefono ormai innocuo e muto fra le mie mani.
Ecco cara dottoressa dopo la sua telefonata vedo svanire l'ipotesi di una buona serata e vorrei dirle che purtroppo quello che le manca in assoluto è l'empatia. Lei davvero non sa che cosa significhi questa parola, esattamente come per sua fortuna probabilmente non sa cosa significhi essere o essere stati malati di cancro, non ne ha la più pallida idea.
Fra le sue domande ne manca innanzi tutto una, probabilmente proprio la più importante, quella che forse avrebbe dovuto fare per prima, magari dopo essersi presentata e che con buona probabilità avrebbe potuto anche cambiare il senso della telefonata e forse anche la mia serata: un semplice e caldo volevo sapere come sta?". 
Lei cara dottoressa senza nome, ha parlato di "cancro" come se stesse parlando di un callo sotto il tallone, ha letto le domande come se fossero le istruzioni di un ferro da stiro e le ha spuntate una dopo l'altra come se in mano avesse la lista della spesa. Lei dottoressa,  ha parlato di recidive e di altre neoplasie e lo ho ha fatto con una superficialità e con una freddezza davvero difficili da credere e fastidiose da sentire e quel che è peggio è che lo ha fatto proprio con chi purtroppo sa bene il senso delle sue parole, e sa perfettamente cosa significa vivere con la paura del cancro, delle sue recidive e delle eventuali metastasi.
Lei con la sua telefonata di fredde statistiche, con il suo tono asettico e con il suo interrogatorio al quale mancava solo la domanda  "volevo sapere se ha già fatto testamento e se ha già deciso che tipo di sepoltura avere?" mi ha catapultata in un viaggio nel passato, e mi ha fatto rivivere in pochi minuti tutti i momenti peggiori della mia vita e lo ha fatto senza nessun grazia e senza nessuna pietà. Lei stasera con la sua telefonata mi ha ricordato quanto in quell'ospedale siano bravi a operare e a salvare le vite e quanto poco invece siano bravi a trattare con i pazienti che hanno paura di morire...
E ora dottoressa, sono io che vorrei farle alcune domande: "lei sa cosa significa entrare nella vita di un ex malato di cancro e fare un questionario di questi tipo? Lei ha una pallida idea di cosa significa riaprire le ferite che ancora fanno male e scavare dentro a mani nude? Lei sa cosa significa combattere e vincere un cancro? Lei sa cosa significa vivere la paura prima dei controlli? Lei sa cosa significa pensare che non vedrai crescere tua figlia e temere che non invecchierai accanto a tuo marito?"
No cara dottoressa, lei probabilmente e fortunatamente aggiungo io, non sa nulla di tutte queste cose, lei prende i numeri di telefono da chiamare da un data base elaborato forse da un computer e fa squillare il telefono di chissà chi, non preoccupandosi né del senso delle sue domande né di quello che scateneranno dopo, non pensando mai ai sentimenti e alle emozioni di chi ascolta e educatamente risponde alle sue domande.
Ma la domanda che davvero mi incuriosisce e alla quale non trovo una risposta è: "che cosa la autorizza per la sua "statistica sui sopravvissuti" alla quale forse, tanto per cominciare bisognerebbe cambiare nome e chiamarla magari "statistica sui guariti" a spalancare quella porta che con fatica e dolore era stata chiusa?"
E come ultima cosa, prima di vivere la mia serata che forse non sarà buona come avevo immaginato prima del suo questionario, vorrei darle un consiglio: se davvero questa statistica é utile e necessaria per la scienza, fatela pure, ma cercate di ricordarvi sempre che avete a che fare non con dei manichini di plastica ma con degli esseri umani che hanno vissuto una delle esperienze più difficili con cui imparare a convivere e provate ad utilizzare un tono, dei metodi e delle parole più umane.
Grazie dottoressa, e buona serata a lei.





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