martedì 19 aprile 2011

Due anni sono passati...

Due anni son già passati da quell’ormai lontano mese di aprile in cui, dopo infiniti tentativi e dopo molte speranze andate disattese, ho deciso di chiudere un rapporto ormai sterile, che non mi permetteva più di vivere la mia vita con serenità: quello con mia sorella. Un rapporto, il nostro, che nel tempo aveva vissuto diversi momenti di crisi, ma che era sempre stato molto profondo ed estremamente stretto, forse oggi posso dire decisamente troppo stretto.
Lei è più grande di me: otto anni di differenza sulla carta, molti meno nella realtà. Spesso ricordo che lei mi diceva che ero io la più “vecchia” fra noi due, e sorridevamo insieme di queste sue parole ed ho sempre pensato di essere io la più matura.
Passati i miei anni dell’adolescenza, la distanza anagrafica si è a poco a poco attenuata fino a diventare praticamente invisibile.
Molto diverse di carattere, eppure con un alcuni aspetti assolutamente identici.
Lei un’ottimista sognatrice, io una realista con evidenti tratti di pessimismo.
Lei spendacciona io più oculata, lei chiacchierona, io più chiusa... ma in ogni caso sorelle, cresciute con la stessa educazione, vissute nello stesso ambiente, anche se abbiamo reagito in maniera totalmente diversa agli stimoli ricevuti.
Lei è stata senza dubbio la prima incontrastata ed indifesa vittima della rigidità di nostra madre ed è forse per questo che poi ha avuto e temo ancora abbia, una vita complicata e difficile da vivere.
Io ho sempre cercato di stimolarla là dove le paure di mia madre avevano attecchito tarpandole le ali. Ricordo quando ho insistito fino a convincerla che guidare l’avrebbe resa più libera ed indipendente e sorrido, ripensando a quando le ho fatto un approfondito ripasso di scuola guida, fino al momento in cui si è comprata una macchina e l’ho vista finalmente guidare da sola! E ancora ripenso a quando le ho suggerito che forse andare a vivere da sola l’avrebbe resa più felice e le avrebbe consentito di staccare un pericoloso cordone ombelicale che la stava soffocando. L’ho aiutata a trasferirsi e insieme abbiamo arredato la sua casa, verniciato mobili, ideato oggetti d’arredamento, costruito specchi… È stato un periodo divertente, forse una delle esperienze più belle che abbiamo condiviso lei ed io.
A volte uscivamo insieme, ci piaceva andare in giro per fiere e mercati, e la nostra accoppiata era decisamente economicamente molto pericolosa. Tornavamo sempre a casa con un mare di cose. Lei è sempre stata generosa e amava immensamente comprare e portare regali: non uno ma tanti regali, per tutti!
Mi piaceva fare shopping con lei, credo sia una delle cose che mi manca di più.
Spesso criticava il mio modo di vestire, completamente estraneo alla moda, cosa che per lei, così attenta alle tendenze del mercato, era assolutamente impossibile da comprendere. Raramente si stupiva del mio look ma quando capitava mi diceva cose del tipo: “che è successo, ti sei sbagliata? Hai preso le cose dal mio armadio? Sei stranamente vestita come le ragazze di oggi…”.
Non l’ho mai vissuta come un’offesa e non credo che lo fosse, mi faceva tenerezza e penso che fosse semplicemente il suo modo di prendersi cura di me.
Non ha mai accettato i miei tentativi di farmi una vita: quando intravedeva in lontananza la possibilità di una mia realizzazione, che fosse lavorativa o personale, si è sempre drasticamente allontanata da me, senza una parola, senza una spiegazione, così, da un giorno all’altro…
Ho sofferto molto e molte volte, a causa di questi suoi ripetuti, repentini ed inspiegati allontanamenti. Ho cercato di capire, ho chiesto di parlare, ho provato e riprovato e sinceramente oggi mi sento di dire che ho tentato di tutto, ma senza risultati.
Ogni volta si riavvicinava a me solo quando il mio tentativo di costruirmi una vita falliva. Allora lei c’era, come prima, più di prima. Pronta a starmi vicina nel momento buio, a consolarmi e ad aiutarmi a risalire la china. Ma non appena arrivavo in cima alla vetta e tentavo di spiccare nuovamente il volo, lei tornava a scomparire e il perfido gioco ricominciava…
Ormai avevo capito che realizzarmi avrebbe significato perderla.
Ho sperato fino all’ultimo che non fosse così, ma così è stato.
Poi Alice quando ho conosciuto tuo padre e ci siamo messi insieme è successo esattamente ciò che mi aspettavo. Non appena lei ha subodorato il “pericolo”, ha reagito come sempre, nell’unico modo in cui sapeva fare, lasciandomi improvvisamente sola a vivere quei momenti belli sì, ma anche estremamente complicati: la mia prima convivenza, il mio distacco da casa, dalla famiglia di origine…
Avrei voluto avere la possibilità di condividerli con mi sorella, avrei voluto poter chiedere il suo parere, raccontarle i miei dubbi, le mie paure, i miei timori, ma non è stato possibile: mi sono girata e lei non c’era già più.
Scomparsa nel nulla da un giorno all’altro, passando da dieci telefonate al giorno a zero.
Inutile dire che sono stata malissimo.
Non so se lei si aspettasse che ancora una volta il mio tentativo fallisse, questo sinceramente non l’ho mai capito. Ma le cose con tuo padre sono andate bene e lei è rimasta lontana, assente, silenziosa, indifferente.
Prima ho aspettato pazientemente, pensando e sperando che il tempo avrebbe rimesso a posto ogni cosa. Ma le settimane e i mesi hanno continuato a trascorrere senza che ci fosse un cenno di miglioramento.
Poi ho cominciato a scalpitare, ho chiesto un chiarimento ed una spiegazione che non sono mai arrivati. Più volte ho urlato e pianto davanti a lei nel vano tentativo di farle vedere quanto mi feriva il suo distacco.
È stato tutto inutile.
Ha continuato a rimanere distante.
Non ha mai chiesto come stavo, dove vivevo, com’era la mia casa, com’era la mia vita.
Ogni volta vederla così mi feriva.
Ogni volta quando la vedevo speravo che fosse diverso.
Ogni volta era sempre dannatamente tutto uguale.
Poi un giorno credo di aver improvvisamente realizzato che se avessi continuato ad averla accanto in quel modo, così lontano ed estraneo, non avrei più smesso di stare male ed io non ce la facevo davvero più.
Il suo atteggiamento e la sua indifferenza continuavano ogni volta a ferirmi sempre più profondamente.
Il taglio netto non è stato premeditato è capitato un giorno per caso, anche se in realtà credo che ormai fosse la cronaca di una “morte” annunciata. Un litigio come tanti altri, una discussione partita dal nulla, mentre eravamo a tavola e sono scoppiata, vomitandole in faccia tutto il mio dolore, tutta la mia rabbia.
Le ho chiesto ed ho ottenuto di non vederla più, perché continuare a vederla in quel modo assurdo, avrebbe significato non mettere mai la parola fine, ad una sofferenza inutile ed assolutamente ingiustificata.
Le mie ultime parole credo siano state “se vorrai io ci sono, ma dovrai dimostrarmi di essere cambiata, pronta a starmi vicina anche nei momenti belli, per gioire insieme, così come io ho sempre fatto con te, così come dovrebbe essere non solo fra sorelle, ma fra persone che si vogliono bene. La porta di casa mia è aperta, ma devi essere tu a venirmi a cercare”.
Non ho mai pensato che facesse un gesto di riavvicinamento verso di me, non credo di averlo mai aspettato: la conoscevo abbastanza bene per sapere che per lei quella porta era definitivamente chiusa. Per una volta, non ha deluso le mie aspettative.
Sono passati ormai due anni tante cose sono cambiate e tante altre sono successe, nella sua e nella mia vita, ma il nostro “non-rapporto” è rimasto identico.
Di lei ora so ciò che mi racconta nostra madre.
Non chiedo mai nulla, ma non per disinteresse semplicemente perché certe cose riescono ancora a farmi stare male. Se so che non sta bene, forse sono una stupida… ma mi dispiace, non riesco a rimanere indifferente! Se capisco che la sua vita non è migliorata vorrei poterla aiutare e una parte di me vorrebbe fare come quando eravamo “sorelle” e amiche ed essere un po’ il suo stimolo, la voce della sua coscienza come spesso mi diceva lei…
Mi manca a volte un rapporto con una sorella, ma non il nostro rapporto, quello che era e che sinceramente per certi aspetti credo sia sempre stato “sbagliato”:
In realtà credo che ciò che davvero mi manca è quello che ho idealizzato come un normale rapporto con una sorella.
Quando ho scoperto di essere incinta ho capito che la mia vita stava per cambiare definitivamente ed ho cominciato a pensare che dovevo preservarti da quello che io avevo vissuto.
Quando poi sei nata tu ho capito che dovevo proteggerti dal suo malsano modo di voler bene, dalla sua altalenante presenza. Ho deciso che tu non dovevi vivere il mio stesso stillicidio con delle presenze importanti, alternate ad assenze dolorose e per questo ho scelto che avresti avuto una zia, solo se fosse stata in grado di garantirti la sua presenza ed il suo affetto in maniera costante e sana.
Lei non si è mai fatta sentire ed io non l’ho cercata.
Per questo Alice non l’hai mai conosciuta e credo che mai la conoscerai.
Io non penso quasi mai a lei: per smettere di stare male ho dovuto rimuovere anche il suo pensiero. Ho estirpato con fatica una spina che mi feriva ingiustificatamente e ho strappato dalla mia anima, qualcosa che avrebbe continuato a ferirmi inutilmente.
Mi è venuta in mente ieri sera per caso, perché in televisione parlavano di fratelli e sorelle, allora ho improvvisamente ricordato che anche io ho una sorella ed ho realizzato che due anni sono passati…

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