Stamattina quando ho
guardato il calendario ed ho visto che oggi era il 13 aprile è suonato un
campanello d’allarme. Questa data mi smuoveva qualcosa ma non ricordavo cosa… Ho
pensato ai compleanni e non mi sembrava di dimenticarne nessuno, agli
anniversari, agli onomastici, ma niente, non stavo dimenticando niente, eppure
avevo la certezza che qualcosa mi stesse sfuggendo.
Poi improvvisamente si è
accesa una lampadina: eureka!!!
La mia sensazione era
esatta: oggi è una data importante!
Un anno fa, esattamente
il 13 aprile 2010 poco prima dell’ora di pranzo, scoprivamo con certezza che il
“gamberetto impazzito che fa ginnastica
come Yuri Chechi” come scrivevo in quei giorni, era una femmina!
Forse ci ho messo un po’
a ricordare che la data era oggi, ma non ho avuto bisogno nemmeno di un secondo
per riprovare quell’emozione e quel brivido lungo la schiena che ricordo
vivissimo, come se fosse ora. I giorni e le ore dell’attesa per sapere prima di
tutto se stavi bene, se eri sana, e poi se eri un maschietto o una femminuccia,
(e dare il via libera all’acquisto selvaggio…), sono scolpiti dentro di me.
Ricordo bene la fatica
di aspettare senza poter fare niente e il tempo che non passava mai e che sembrava
improvvisamente più lungo, quasi eterno. Ricordo che non sapevo più come
riempirlo e che alla fine, dopo aver telefonato in clinica ed aver saputo che avrei
dovuto attendere ancora un giorno, mi sembrava di impazzire, così avevo deciso
di andare al supermercato, non tanto perché davvero mi servisse qualcosa, ma perché
avevo bisogno di tenere la mente ed il corpo occupati.
Ero alla cassa quando
mi è arrivata la telefonata.
Ho sentito il telefono
che suonava, ho guardato il display del cellulare e vedendo un numero con
prefisso “051” ho capito subito che la telefonata arrivava da Bologna e che era
proprio la telefonata che stavo aspettando.
Tutte le risposte che cercavo
erano lì, a portata di mano, bastava premere quel tasto verde e rispondere alla
chiamata, per avere quelle certezze che cercavamo da mesi, per avere forse, un
po’ meno paura.
Non ho risposto subito,
la mano mi tremava e sapevo che se qualcosa non fosse andato bene, quella telefonata
avrebbe cambiato la nostra vita per sempre.
Ma dopo qualche secondo
di esitazione ho risposto.
Avevo il cuore in gola,
non riuscivo a parlare.
L’impiegata ha chiesto conferma
che fossi io e con molta fatica sono riuscita a rispondere. È stato a quel
punto che lei mi ha detto che non avevi anomalie cromosomiche, e proprio come
allora anche adesso le lacrime hanno cominciato a scendere velocissime sul mio
viso, senza riuscire a fermarle. STAVI BENE!
Poi mi ha chiesto se
volevo sapere il sesso e io non riuscivo nemmeno a risponderle.
Ma questa volta avevamo
deciso di saperlo così, le ho detto sì, e lei allora mi ha detto: “è una
femmina, congratulazioni!”
Quanta emozione Alice,
quanta gioia ho provato e sto rivivendo ora!
Ricordo le facce
stupite e forse preoccupate di chi era in attesa in fila alla cassa con me,
vedendomi piangere come una bambina.
Tuo padre mi ha
telefonato in quel secondo, proprio mentre io cercavo di scrivergli un
messaggio perché davvero l’emozione e la gioia erano troppo grandi e non
riuscivo a parlare. Gli ho risposto singhiozzando e lui naturalmente si è
spaventato.
Non riuscivo a dirgli
niente e lui continuava a chiedermi se andava tutto bene. Gli rispondevo a
malapena sì o no, le uniche parole che riuscivo a dire.
“È successo qualcosa?”
“No”
“Hanno chiamato dalla
clinica?”
“Sì”
“Sta bene?”
“Sì”
“È una femmina?”
“Sì”
Già, tuo padre mi ha
chiesto direttamente se eri una femmina, perché lui non ha mai dubitato nemmeno
per un istante che tu potessi essere un maschio.
Credo che in assoluto sia
stata la telefonata della mia vita in cui ho parlato meno!
Anche questo sei
riuscita a farmi fare Alice, mi hai zittita!
Ti amo!
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